Genesi di un’opera: una “Via Crucis” per S.Maurizio
All’inizio della Quaresima una Via Crucis troverà spazio nella nostra chiesa Cardinal Ferrari.
La proposta è venuta dalla Parrocchia, chiedendone a lucia Signoracci la realizzazione.
Provate per un attimo a chiudere gli occhi ed immaginare quel momento. Una serie di impressioni e domande vengono alla mente: come è stata realizzata, quale idea è stata messa “in vetro”?
L’obiettivo che ci siamo proposti è quello di dare risposte a queste domande, ma in realtà è ancora più ambizioso: seguire la creazione di quest’opera, vederne il progredire, fino ad arrivare a quel giorno, essendo virtualmente partecipi dei suoi progressi.
Pubblicheremo quindi sul sito alcuni frammenti di questa storia, senza svelare troppo, ma sufficienti per intuire come procede questo percorso. Un mosaico incompleto ma dal quale si può intuire il tutto. Una tessera ogni settimana.
1. Cartoni: un ponte tra bozzetti e taglio del vetro
15 gennaio 2023
Questa settimana vediamo il primo dei “frammenti”. La nostra storia infatti non procederà con un cammino lineare, seguendo in ordine le fasi, ma con salti di tempo e di spazio. Come le tessere del mosaico che, prima di assumere la forma voluta, sono sparse sul tavolo in attesa di una collocazione.
Oggi vediamo alcuni dei cartoni.
Il cartone (in grandezza naturale) è al centro della fase esecutiva, è un ponte tra i bozzetti (più piccoli) e il taglio del vetro. E’ la sagoma che guida il successivo taglio del vetro. Dal cartone vengono tagliate tutte le parti che andranno a formare l’insieme.
Per ogni stazione viene realizzato il relativo cartone
Ogni pezzo va tagliato avendo cura che tra di loro rimanga un piccolo spazio dove sarà inserito il rame che poi legherà il tutto.
Mentre il taglierino passa, il ricciolo si alza, testimone del solco lasciato.
Questa settimana l’attenzione è rivolta ad una delle fasi importanti per passare dall’idea alla realizzazione: lo studio anatomico.
Daniele Poli, studente all’Accademia di Brera, cura questo aspetto. La proporzione tra le parti, la coerenza anatomica ed una successiva esecuzione di questi aspetti dei cartoni sono il suo compito.
Il successivo taglio del cartone (descritto la settimana scorsa) fornisce le dime per il taglio del vetro, fase che vedremo la prossima volta.
Il passaggio dai bozzetti ai cartoni e alle veline in grandezza naturale
Siamo ad una delle fasi cruciali del lavoro: il taglio del vetro. La sagoma di cartone che abbiamo visto all’inizio, diventa la dima per il taglio. La precisione in questa fase non è una pura attività tecnica: per un taglio perfetto, oltre alle mani e ai polsi tutto il corpo danza attorno al vetro.
Dopo l’incisione una serie di colpetti ben assestati sulla parte esterna aiutano il distacco. Quando il suono cambia, la separazione è imminente.
Prima del taglio tutte le sagome di cartone vengono disposte sulle lastre di vetro per utilizzare al meglio il materiale (e non rischiare che ne manchi per gli ultimi pezzi).
Per i vetri con venature anche l’orientamento è importante per avere il risultato immaginato.
Siamo nel centro del laboratorio, siamo al centro di tutto il processo. Dopo il taglio del vetro ogni singolo pezzo deve essere collocato al posto giusto e ogni quadro prende forma.
Ma per arrivare a questo ci sono alcuni passaggi che vedremo sotto.
Immaginate, per ogni quadro, 40-50 pezzi di cartone tutti sagomati per far da dima al taglio del vetro.
Come ricomporli, ognuno al suo posto, nel quadro?
Qui si capisce il ruolo fondamentale della velina:
una traccia sulla quale ricomporre prima i cartoni, poi i vetri
La ricostruzione passa da tre strati: sotto la velina (che riproduce interamente il quadro), sopra le singole sagome di cartone e, da ultimo, i vetri. La velina è quella grigia, il cartone è bianco, il vetro (in questo caso) è rosso scuro.
Questa fase permette di fare considerazioni estetiche su quali accostamenti cromatici siano più azzeccati per la realizzazione dell’idea.
Il cartone può sempre essere utilizzato come dima per tagliare vetri di colore e trama diversi e confrontare poi le diverse soluzioni
.. e tanta pazienza e precisione, ed esperienza, e senso artistico.
Occorre dire che Lucia fa sembrare tutto semplice. Ma dai suoi gesti, dalle mani screpolate, si intuisce che quello che sta facendo va oltre questa apparente semplicità.
Non sono sicuro che Lucia sarà contenta di quello che scrivo, ma va detto. L’arte e la creatività non sono solo il guizzo di un momento, ma affondano le loro radici in un apprendistato che può durare tutta la vita.
Il braccio e la mano realizzano quanto la mente ha ideato.
Il corpo danza attorno al vetro e all’idea.
Ecco qualche particolare della lavorazione:
il vetro viene circondato da una sottile lamina di rame
Il rame viene ripiegato sui bordi (sopra e sotto)
la tessera prende il suo posto a fianco delle altre nel quadro generale
E il quadro pian piano prende forma svelando così che ogni tessera ha un suo ruolo solo assieme alle altre.
Ogni quadro viene ricomposto (tessera dopo tessera) in una dima di legno. Questo serve sia per aggiustare il tutto alle misure della cornice nella quale sarà inserito il lavoro finito, sia per affiancare meglio ogni pezzo al suo vicino.
Tutto è pronto per la fase di stagnatura.
Prima si fissano i punti di incrocio principali perché nulla si muova.
Poi lo stagno unisce ogni parte rivestita dal rame. Lo stagno si spande veloce, fuso e guidato dallo stagnatore. Grazie al cielo aderisce solo al rame e quindi eventuali goccioline possono essere tolte agevolmente dal vetro.
L’operazione richiede di aprire le finestre per mantenere salubre l’ambiente, ma in questo periodo fa veramente freddo…
Ecco a confronto un piede solo “ramato” e uno stagnato.
Ma lo stagno appena messo ha un riflesso metallico argentato. Lo stagno verrà poi brunito per renderlo meno luccicante, come nel particolare della mano.
L’elettrodo si avvicina con precisione al pezzo da saldare, scocca l’arco elettrico, una luce abbagliante nasconde quanto succede, il ferro fonde e i due pezzi si saldano. Il primo punto è dato, ora si gira attorno per completare l’opera. E lo spettacolo si ripete punto dopo punto.
Anche il fumo cerca di nascondere alla vista quanto succede, mentre cento minuscoli punti di metallo infuocato saltano qua e là, terminando in fretta la loro breve vita.
Lo scenario di tutto questo è un’officina nella quale si respira la passione per un lavoro portato avanti da sempre, con il piacere del pezzo unico, ricavato con competenza.
“Non mi piacciono le produzioni industriali in grande scala”, racconta Enrico Corno al quale è stata affidata questa parte del lavoro.
Nel nostro caso, si tratta dei supporti per le 14 stazioni della Via Crucis.
I quadri sono praticamente tutti pronti. Don Giuseppe, rappresentante della Parrocchia committente, incontra Lucia per vedere lo stato dei lavori.
In questi casi i momenti dell’incontro e del confronto possono essere vissuti con sentimenti contrastanti. Ognuno ha delle aspettative: da una parte la speranza che il lavoro sarà apprezzato, dall’altra la speranza che il lavoro sia come immaginato.
Come spettatore di questo incontro ho avuto l’impressione che alla fine ci sia stata una soddisfazione reciproca.
Sono state spiegate le scelte tecniche ma soprattutto espressive, la scelta dei colori e dei vetri, le tre cadute …
Dovrebbe essere chiaro a tutti: la collocazione delle stazioni della Via Crucis in una chiesa come la nostra non è semplice. Diversi criteri entrano in gioco:
stazioni abbastanza separate per dare l’idea di “percorso”
i vincoli della chiesa (angoli, panche, porte e finestrella della nursery…)
l’unità formale dell’opera
Le prove sono state fatte con stampe a grandezza naturale derivate dai bozzetti.
Le due soluzioni emerse sono:
“5+2”, vedi foto in alto
7 in fila, vedi foto a fianco
La discussione seguita ci racconta di come i vari pareri si sono confrontati e la soluzione finale è stata approvata da tutti:
sette tutte in fila.
Mercoledì 22 febbraio: l’installazione.
Momento atteso e comunque fonte di apprensione: è la prova finale.
L’emozione è alta, ma ancora di più l’attenzione a fare tutto al meglio.
I supporti verniciati di nero, con il numero della stazione, perfetti nelle misure
Le misure più volte ripetute sia in orizzontale sia in verticale.
La dima per i fori dei supporti.
Il trapano prima con la punta del 5 poi del 6.
l’aspiratore per non lasciare sporco in giro.
Insomma Enrico ha pensato a tutto per fare tutto al meglio.
Braccio e mano sono indolenziti dopo aver avvitato a mano tutte quelle viti, ma il lavoro è perfetto!
A mezzogiorno o poco più tutto è installato.
Lucia fa un ultimo controllo, finalmente la tensione è allentata, tutto è andato bene.
I tempi erano stretti, ma la Via Crucis è in sede prima dell’inizio della Quaresima.
Nel pomeriggio Don Giuseppe ammira il lavoro giunto al termine. Anche lui sembra soddisfatto.
Si decide che, dato che non tutti possono/sanno accedere al sito, questa storia la pubblichiamo anche in bacheca.
Stefano dà luce ad ogni stazione, l’opera è completa!
Continua questo viaggio a ritroso nel quale, dopo il “come”, vedremo il “perché” di questa Via Crucis.
Ancora Lucia ci guida a capire meglio questi “perché”:
Il colore della Croce è il rosso perché il rosso è il colore del sacrificio, è il colore del sangue di Cristo, dell’amore, l’amore di Dio per l’uomo. Ma è una croce spezzata perché Cristo vince la morte, quindi in ogni riquadro i bracci della croce vengono spezzati da una crepa nera.
La croce è sempre rappresentata con un forte scorcio prospettico perché deve essere una croce incombente e questo forte scorcio sottolinea il dolore e il sacrificio di Cristo.
Tranne nelle tre scene dove si ha la presenza delle donne perché sono scene di tenerezza, per cui la croce nelle scene con la madre, la Veronica e le pie donne è appena accennata alle spalle del Cristo, senza alcuno scorcio prospettico, ma solo come presenza.
Nella prima scena (Gesù condannato a morte) non c’è la croce, ma c’è il colore della croce che è il rosso della tenda. C’è comunque l’idea di richiamare a quello che sarà poi il cammino della via Crucis.
Nella scena della morte di Gesù non abbiamo più i bracci, tutto diventa rosso perché è come se nel momento della morte, nel momento della crocifissione, tutto diventi croce; il corpo stesso di Gesù diventa croce e quindi tutto il fondo prende lo stesso colore della croce.
10. Gesù cade la prima, la seconda, la terza volta
19 Marzo 2023
Continua questo viaggio nel quale, dopo il come, vedremo il perché di questa Via Crucis.
Lucia ci guida a capire meglio questi “perché”:
Le cadute sono viste di spalle.
E’ uno scorcio insolito, volevo sottolineare tramite l’anatomia del piede, della gamba, la fragilità di questo corpo inerme che crolla sempre di più sotto il peso della croce. Le gambe sono sempre più di scorcio, sempre più inclinate, rovinano a terra. Nella terza caduta quasi si ha l’impressione di un corpo inerme. Vediamo l’umanità di Cristo.
C’è un riferimento (in maniera assolutamente indegna) ai lavori del Caravaggio dove c’è proprio l’idea di evidenziare con il particolare dei piedi la fragilità umana.
In questa via Crucis si sottolinea l’umanità del Cristo, la debolezza della carne, ma al contempo ne intuiamo anche la forza spirituale, perché sappiamo che da quelle cadute il Cristo si alzerà e riprenderà il cammino.
Continua questo viaggio nel quale, dopo il come, vedremo il perché di questa Via Crucis.
Lucia ci guida a capire meglio questi “perché”:
Mani
Parliamo dei dettagli, parliamo delle mani.
Ci sono mani che asciugano, mani che aiutano, mani che strappano, mani che sorreggono, mani che depongono, mani inchiodate.
Sono mani senza volto. Al posto di quei volti possiamo mettere i nostri volti, quelle mani diventano le nostre mani a seconda del nostro stato d’animo.
Quindi le nostre mani possono diventare: mani che consolano, mani che aiutano, ma anche mani che soffrono, mani che creano dolore.
L’idea è quella di porre l’attenzione sul dettaglio delle mani, che possono diventare le nostre mani.
Le mani che asciugano sono quelle della Veronica, le mani che aiutano sono quelle del Cireneo, le mani che strappano sono quelle dei soldati, le mani che sorreggono e che depongono sono quelle di Giuseppe d’Arimatea. Le mani inchiodate sono quelle del Cristo.
Continua questo viaggio nel quale, dopo il come, vedremo il perché di questa Via Crucis.
Lucia ci guida a capire meglio questi “perché”:
Gesù muore in croce
E’ la scena centrale, è il punto più alto della sofferenza, è il momento del passaggio dall’umanità alla vita eterna. Non c’è più la croce, tutto diventa croce, il colore rosso invade l’intero spazio e il corpo di Cristo in tutta la sua fisicità diventa esso stesso croce, mostrando senza veli i segni del martirio.