Uno dei nostri più illustri commentatori del presepe, mentre ancora stavamo lavorando, ci ha detto scherzoso: “Ma fate nascere Gesù in una cattedrale? Ma a quel tempo non esistevano ancora!”. In effetti dobbiamo dargli ragione, le “chiese” sono state costruite dagli uomini un bel po’ dopo la nascita di Gesù, ma la Chiesa – quella con la “C” maiuscola – è stata istituita da Cristo e tutt’ora vive grazie all’opera dello Spirito Santo… ma noi uomini riconosciamo la bellezza di questo dono?
Una Chiesa che si lascia rinnovare
Molti, arrivando al Presepe dal fondo della navata in cui è posizionato, si saranno accorti che la natività è nascosta, ha davanti uno dei muri della chiesa. Chi ha osservato il presepe da vicino, invece, avrà sicuramente notato che posizionandosi a sinistra, vicino alla colonna, con Gesù Bambino esattamente di fronte a sé, ci si può facilmente immaginare di essere parte del presepe. Ecco la Chiesa è esattamente questo: chi la osserva da lontano, tiene le distanze o chi non ha chiaro che Gesù, l’Emmanuele – il Dio con noi, è al centro di essa non può coglierne, viverne e condividerne la bellezza!
La chiesa in cui si trova il nostro Gesù Bambino è una chiesa in ricostruzione: ci sarà stato un terremoto, un bombardamento, o magari hanno ceduto le fondamenta o forse un incendio… poco importa, certo è che se c’è da ricostruire è perché qualcosa ha distrutto. La Chiesa di oggi, come l’intera società, è fortemente provata dalla pandemia, pensiamo soprattutto ai più giovani, privati della loro adolescenza. Gesù ci insegna che la vita è vissuta solo se lo si fa insieme ad altri nella gioia: come primo miracolo ha scelto di trasformare l’acqua in vino ad un banchetto nunziale, ha istituito l’eucarestia durante l’ultima cena mangiata, in un giorno di festa, con i suoi amici. Il tempo che viviamo deve trasformarsi da “situazione” a “occasione” di riscoperta, rinascita, ricostruzione di una Chiesa, una comunità, viva ed entusiasta di camminare insieme: una Chiesa sempre giovane, perché sempre in grado di ritrovarsi, e quindi rinascere, nella sua essenza:
[La Chiesa] È giovane quando è sé stessa, quando riceve la forza sempre nuova della Parola di Dio, dell’Eucaristia, della presenza di Cristo e della forza del suo Spirito ogni giorno. È giovane quando è capace di ritornare continuamente alla sua fonte.
Christus Vivit, n.35, Papa Francesco
La nostra fonte è proprio quel Bambino che ci guarda dal presepe, che ci chiama ad essere giovani indipendentemente dall’età che abbiamo, ci sprona ad una giovinezza dell’anima che affronta la vita senza pregiudizi ma con discernimento, con la capacità di non limitarsi solo a fare ciò che è giusto, ma lanciandosi a fare ciò che è bene! Tra la cupola e il campanile del nostro presepe, con un po’ di attenzione, si vede una luce verde che illumina il cielo: è chiaro il richiamo alle luci verdi che, durante la notte, sul confine tra Polonia e Bielorussia, illuminano le finestre delle case per segnalare ai migranti che lì possono trovare un po’ di calore, del cibo, un po’ di normalità… un po’ di Amore.
«In verità io vi dico:
tutto quello che non avete fatto
a uno solo di questi più piccoli,
non l’avete fatto a me»
cfr Mt 25,45
Rileggiamo ciò che ha scritto Matteo che forse non è chiaro: “tutto quello che NON avete fatto” a chi è in difficoltà, “NON l’avete fatto a me”! Che bello avere lo sguardo allenato a guardare all’altro (e in alto!). Uno sguardo che riesce a leggere le difficoltà di chi lo circonda, uno sguardo che riesce a rasserenare chi è turbato…
Ricostruire la Chiesa, non è stravolgere il mondo, ma ripensare, prima di tutto singolarmente, al proprio stile, al proprio modo di testimoniare che quel Bambino che ci guarda dalla mangiatoia ha cambiato la mia vita, l’ha resa qualcosa di stupendo. Il mondo, e quindi la Chiesa, vive un tempo di cambiamento e ha bisogno che tutti, dal Papa al più sperduto fedele – e quindi anche noi preti, diaconi, suore e laici di Burago e della nostra Comunità Pastorale – dobbiamo riuscire a metterci in una condizione di ascolto dell’oggi, impariamo a prediligere il Bene al “a Burago abbiamo sempre fatto così” o al “la Comunità Pastorale ci ha detto di fare cosà”: non abbiamo bisogno di una Chiesa burocrate, dobbiamo volere una Chiesa, una comunità di persone, unite da Cristo e da relazioni umane vere, vive, vibranti e stimolanti che racconti con la Sua presenza sul territorio l’Amore che Dio ci ha donato.
Allora andiamo, accorriamo come le statuine del presepe incontro a Gesù Bambino, che con la sua luce squarci le tenebre che la pandemia ha fatto scendere, ci faccia crescere nell’unità e nell’Amore e ci aiuti a riconoscerci nella Sua Chiesa, sempre giovane.